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Archive for the ‘Immagini’ Category

Vecchio & Nuovo

CappelliLe cose vecchie e alla vecchia maniera mi sono sempre piaciute, chissà poi perché! Ieri passeggiavo con la mia assurda coinquilina e abbiamo trovato un tavolinetto coperto di quella polverina di mattone e malta che scende quando si trapana un muro, abbandonato vicino ad un cassonetto. Quadrato, in stile direi anni ’50, di legno molto scuro, senza cassetti, in condizioni perfette. Meraviglioso, non potevamo certo lasciarlo lì. Non mi era mai capitato che gli studenti in bici guardassero male più me che i venditori di fumo (in senso non figurato), mentre la faccia esterrefatta del kebabbaro suggeriva che forse non aveva mai visto due che se ne vanno a passeggio all’una di notte con un tavolino invece che i più tradizionali cane o bici appena rubata. Dopo una bella pulizia, il tavolino ha sostituito la finta cassettiera della cucina ed è un vero spettacolo secondo me. Agli altri coinquilini diremo bullandoci che l’abbiamo rubato all’osteria, sarà uno spasso. Non che mi piacciano tutte le cose vecchie, ad esempio mi piacciono giovani sia i ragazzi sia il vino, sia la grafica dei blog. È un periodo di rinnovamento, ho appena terminato gli esami (tic-tac-tic-tac… altri 5 mesi alla laurea!) e sto risistemando la casa. Approfittando anche della decisione di scrivere più spesso, rassetterò un po’alla volta anche qui… spero che la nuova grafica piaccia “ai miei 25 lettori”.  La prossima settimana un argomento più serio!

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quark

Un ragazzo splendido. Ha due occhi immensi e blu come l’oceano e le labbra che da sole basterebbero a fare un uomo bellissimo. È simpatico, intelligente, sensibile, tenero. Davvero peccato che viva molto lontano. Ci conosciamo in chat (presto una videochat). Si parla a lungo di noi, ci emozioniamo a volte, io gli piaccio e lui piace a me.

Mi chiede che tipi mi attraggono, fisicamente. Il compagno dei miei sogni ha la mia età -ma va bene anche di meno o poco di più-, è alto e magro, non pompato ma ben fatto. Un capellone moro e abbronzato, con gli occhi verdi e la barba. Non mi piace il macho, il mio amore deve farmi tenerezza e avere modi gentili, ma non essere assolutamente effeminato. Lui pare soddisfatto e insiste che gli piacciono tipi più grandi e molto maschili.

Chiacchierando, gli mostro delle foto del ragazzo che ho amato, che non è troppo diverso dalla descrizione. Pare stupito che sia così mascolino. La discussione prosegue e dopo un po’ di tempo, capisco. Sono ingenuo, questa cosa non mi è davvero mai entrata in testa. Indagava: voleva sapere se sono attivo o passivo. Dice di essere solo passivo, che potrebbe al massimo provare l’altro ruolo per curiosità, ma sa che non potrebbe piacergli.

Ne abbiamo parlato molto e mi sono sentito abbastanza spiazzato. Fino a ieri per me A/P/V era uno schema utile per chi non vuole complicarsi la vita e avere quello che attizza di più quando si cerca sesso occasionale. Era un’idea fissata dalla vecchia pornografia, forse. Un retaggio del tempo in cui i gay erano costretti a cercare un finto etero e quindi a fare i passivi e gli effeminati. Era una scusa, era una sessualità incompleta, immatura, innaturale, assurdamente asimmetrica. NOIOSA

Chi sono io, sotto le coperte? Ho sempre ammesso di essere un tantinello ingordo, di voler provare tutto, di vivere una sessualità piena e totale, senza fisse, esplorando fino in fondo ogni sfumatura. Ma tollererei di non fare sesso anale? Non credo. Di essere solo passivo? Penso alla fine ne soffrirei. Di essere solo attivo? Penso ne soffrirei presto: è una cosa troppo diversa da tutto il resto e temo si compensi meno facilmente.

Essere solo attivi l’ho sempre spiegato come una paura, un pregiudizio, una mancanza di pratica. Sempre creduto che anche gli etero troverebbero da divertirsi se solo superassero lo scoglio psicologico (e qualcuno lo fa). Essere solo passivi… booh! Insomma, a me con la mia ex piaceva. E sono gay!

Gli dico queste cose e lui si rattrista moltissimo: crede che tra noi non avrebbe senso, per questo motivo. Da parte mia sono stato davvero male e ho faticato a dormire stanotte. Non so perché, ma sento come se questo schema fisso A/P/V avesse qualcosa di sbagliato, di patologico e ora mi pare di nuovo un po’ malato essere omosessuali. Non mi attaccate per questo. Sono stato male perché ho sempre visto il rapporto tra uomini come una cosa molto bella anche perché è alla pari: due corpi simili, due menti simili. Sono stato male anche perché lui mi piace, lo ammetto. Sono stato male perché a mano a mano che passano i mesi, mi sembra che l’impresa di trovare qualcuno si faccia sempre più ardua. Ho dovuto accettare che mi serve un gay. Che mi serve uno non effeminato. Che mi deve piacere fisicamente. Che deve scattare una scintilla speciale. Ora forse devo accettare che deve anche avere un ruolo preciso: “versatile”. Forse. Almeno pare che siamo la maggioranza.

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Allez voilà

Qualche settimana fa era stato a lezione un tipo a raccontarci di come si dà la caccia ai ranocchi. Aveva i capelli e la barba color dell’oro -non rossi, non biondi-, un modo di fare dolcissimo e poi gli occhi verdi. Non era veramente bello, ma a me piaceva da impazzire. Così, quando ha dato il suo numero di cellulare ad un mio compagno di corso, gliel’ho rubato e ieri ho deciso di fare la cazzata. Riporto la nostro scambio di SMS:

Io: Non so perché lo faccio, ti vorrei solo dire che sei bello come il sole. Ciao!

E.: Grazie mille! Ma… tu chi sei? E.

Io: Non mi conosci e penso proprio che sia meglio che rimanga così 🙂

E.: Ma non è giusto, non puoi tormentarmi con tutto questo mistero! Comunque grazie ancora, hai portato un sacco di energia positiva in questa giornata! Ciao!

Io: Cercherò di essere il più chiaro possibile: non penso proprio di poter essere il tuo tipo.

Non ho più ricevuto risposta. Peccato, più che altro sono curioso di sapere come ha reagito, immaginare che cosa potrebbe raccontare agli amici. Andava bene anche «Datti fuoco, frocio di merda». Ma preferisco immaginarlo rosso come un peperone che si chiede se magari non ci ho visto qualcosa di effeminato in lui o se il fatto di piacermi mina la sua virilità, sforzandosi di non pensarci o di prenderlo come un complimento.

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Mi piace molto guardare le persone in treno. Ognuno ha una storia, la sua vita, le sue manie… Mi piace studiarli, immaginare, osservare i piccoli difettini e sorridere pensando che magari il soggetto si fa un sacco di paranoie per le orecchie a sventola, le lentiggini, quella cicatrice che a me pare tanto bella. Spesso mi perdo in un ricciolo dietro l’orecchio, la forma del labbro, scruto lo sguardo che si incrocia teneramente dietro le pagine di un libro, il movimento leggero delle dita sulla tastiera del portatile. Sono arrivato anche a fare foto all’agguato. Come sono belle certe persone, a volte mi pare che potrei stare per ore a rubare un po’ della loro presenza, vorrei essere piccolo, come un moscerino e respirare l’aria a un millimetro dalla pelle. Quelle persone sono nude, non si accorgono che ci sono, anche se avolte cerco i loro occhi, non parlano, quindi non fingono. Forse potrei addirittura innamorarmi così, vilmente, spiando.

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Strana giornata, oggi

Sono andato a correre, come ieri. Mi fa bene, mi mantengo in forma, ma in effetti lo faccio anche pensando che ci dovrà essere qualcuno a cui vorrò piacere. Quando sono tornato, mi sono spogliato. Chi è quel giovane, quel ragazzo magro dentro lo specchio? Che ci fa con quegli occhi tristi, che ci fa da solo? Come mai quel corpo sudato non ne incrocia un altro, come mai l’anima deve starsene ingabbiata in un uomo solo? Sono andato in camera, mi sono messo a letto e, per due ore, ho pianto. È come se una maledizione, ma sempre senza versare una lacrima, lo so io solo, dentro di me, che ho pianto moltissimo e non succedeva da un po’. Ho pianto il ragazzo che non c’è. Forse c’è ma ora non è con me, forse già lo conosco, forse no, magari solo non so che è come me magari invece sì, magari so appena cosa vorrei. Quello lo so di per certo. Poi ad un certo punto, ho deciso di smettere e sono sceso in giardino. Pioveva un po’ e insieme c’era il Sole, le colline infondo erano illuminate e sembravano scintillare, il vento ogni tanto portava l’odore del basilico che ormai fiorisce nel suo vaso, sopra al tavolino. E lì, ad un tratto, ho capito che era un momento speciale e tutto è cambiato. Uno di quei momenti in cui vorrei credere in Dio solo per aver qualcuno da ringraziare per poterci essere e, ancor piu, per potermene accorgere. E sono stato felice, senza nessun motivo, come fosse successo qualcosa di grande e irripetibile, come se non mi servisse altro e la bella novità che attendo, potesse starsene lei ad aspettare ch’io fossi in comodo, solo per qull’istante. È tutto così indescrivibilmente bello! Chissà se qualcuno mi può capire, chissà quanti se ne accorgono.

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Oggi in treno c’era una coppietta. Lei era pallida, aveva le labbra rosse e i capelli corvini, raccolti dietro. Portava uno strano top color avana. Lui era un ragazzone muscoloso, abbronzato, con la barba e gli occhi scuri. Una maglietta bianca a righe verde oliva. Erano proprio innamorati, si vedeva, si sentiva nell’aria a dieci metri di distanza. Come non mi era forse mai capitato, ho quasi pianto guardando loro e ascoltando una vecchia canzone triste, sbagliata di un mese. Non piango mai, mi odio per questo, vorrei tanto tanto saperlo fare. Dovrei dimenticare, dovrei passar sopra, guardare avanti, lo so, ma la dedica stasera è spontanea: A te, che mi hai fatto vedere. A te che non mi hai dato niente ma a cui io devo così tanto. A te, cui io appartengo nei miei sogni più belli, te che non posso dimenticare e non riesco ad abbandonare. Che lo dica oppure no, ancora ti amo, come nel titolo -ma è un’altra canzone-.

Se questa è una canzone con cui si può parlare
Se in questa notte di maggio io ti penso ad ascoltare
Certe piccole voci che a volte vanno al cuore
In questi momenti con l’aria che si muove
Io conosco la mia vita e ho visto il mare
E ho visto l’amore da poterne parlare

Ma nelle notti di maggio non può bastare
La voce di una canzone per lasciarsi andare
Amore su quel treno che è già un ritorno
Amore senza rimpianto e senza confronto
Che conosci la tua vita ma non hai visto il mare
E non hai l’amore per poterne parlare

Ma è una notte di maggio che ci si può aspettare di più
E se questa è una canzone con cui davvero si può parlare
In questa sera ferita da non lasciarsi andare
In questa notte da soli che non ci si può vedere
E non ci si può contare ma solo ricordare
Io conosco la mia vita e ho visto il mare
E ho visto l’amore vicino da poterlo toccare

Ma nelle notti di maggio non può bastare
La voce di una canzone per lasciarsi andare
Nelle notti come questa che ci si può aspettare
Se non una canzone per farsi ricordare da te
Per farsi ricordare da te.

Le notti di maggio, Ivano Fossati, canta Fiorella Mannoia (si sente male, peccato, è molto bella)

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Capitano tutte a me?

Io non ci crederei, sembra inventata, ma non lo è! Mi fermo dal benzinaio, cavolo, quel cretino di mio fratello inferiore lascia sempre il motorino al limite del secco. E ti pareva, mi tocca fare cinque euro di benza col bancomat, cose da pazzi! Si ferma un camioncino, scende un omaccio sulla quarantina. Muscoloso, capelli ossigenati, lampadatissimo. Jeans strappati, maglietta gialla attillata. Occhi blu. Non azzurri, blu. Era proprio bello come non ce n’è tanti alla sua età, fosse stato pure unto e sudato era un perfetto attore di film a luci rosse. Arriva un tipo con quei vestiti da lavoro di quell’arancione assurdo e con in mano un’astina che gronda olio, stessa età, più o meno. Strano, oggi non è aperto, solo self-service. Lo saluta: «Ciao bello!». Sì, proprio “bello” ha detto! Sembra che si conoscano molto bene, situazione imbarazzata. Traduco e purgo dalle bestemmie, è veneto profondo, dopotutto. «È tanto che non ci si vede, eh» – (si guardano negli occhi a momenti) – «Altroché!» – «Come va allora? Ti fanno lavorare anche oggi!» – «Eh sì, non ci si può permettere di stare e grattrsi le palle da noi». Mi godo la scena chidendomi se i due non siano più che conoscenti, mi sfugge qualche pezzo di conversazione, ma colgo un dettaglio. Il biondo ha un grosso orecchino d’oro all’orecchio destro. Non so se è una cosa comune, ma da noi quando un ragazzino si buca un orecchio, è sempre il sinistro, ché “il destro è per i finocchi”. Finito il lavoro rimette la pompa a posto come una Paris Hilton, alza la mano e si congeda con un tranquillo «Ciao, frocio!».

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