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Archive for giugno 2008

Oggi in treno c’era una coppietta. Lei era pallida, aveva le labbra rosse e i capelli corvini, raccolti dietro. Portava uno strano top color avana. Lui era un ragazzone muscoloso, abbronzato, con la barba e gli occhi scuri. Una maglietta bianca a righe verde oliva. Erano proprio innamorati, si vedeva, si sentiva nell’aria a dieci metri di distanza. Come non mi era forse mai capitato, ho quasi pianto guardando loro e ascoltando una vecchia canzone triste, sbagliata di un mese. Non piango mai, mi odio per questo, vorrei tanto tanto saperlo fare. Dovrei dimenticare, dovrei passar sopra, guardare avanti, lo so, ma la dedica stasera è spontanea: A te, che mi hai fatto vedere. A te che non mi hai dato niente ma a cui io devo così tanto. A te, cui io appartengo nei miei sogni più belli, te che non posso dimenticare e non riesco ad abbandonare. Che lo dica oppure no, ancora ti amo, come nel titolo -ma è un’altra canzone-.

Se questa è una canzone con cui si può parlare
Se in questa notte di maggio io ti penso ad ascoltare
Certe piccole voci che a volte vanno al cuore
In questi momenti con l’aria che si muove
Io conosco la mia vita e ho visto il mare
E ho visto l’amore da poterne parlare

Ma nelle notti di maggio non può bastare
La voce di una canzone per lasciarsi andare
Amore su quel treno che è già un ritorno
Amore senza rimpianto e senza confronto
Che conosci la tua vita ma non hai visto il mare
E non hai l’amore per poterne parlare

Ma è una notte di maggio che ci si può aspettare di più
E se questa è una canzone con cui davvero si può parlare
In questa sera ferita da non lasciarsi andare
In questa notte da soli che non ci si può vedere
E non ci si può contare ma solo ricordare
Io conosco la mia vita e ho visto il mare
E ho visto l’amore vicino da poterlo toccare

Ma nelle notti di maggio non può bastare
La voce di una canzone per lasciarsi andare
Nelle notti come questa che ci si può aspettare
Se non una canzone per farsi ricordare da te
Per farsi ricordare da te.

Le notti di maggio, Ivano Fossati, canta Fiorella Mannoia (si sente male, peccato, è molto bella)

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Blowing bubbles soft & fine

“La pazienza è la virtù dei forti”. Nah! La pazienza è la virtù dei morti. E io sono davvero molto paziente. Eppure ultimamente ne ho fatti di cambiamenti! Ho cambiato taglio di capelli, mi sono rifatto il guardarioba, mi sono iscritto in palestra, ho riverniciato il motorino… Tutti se ne sono accorti, quanti cambiamenti, eh? E che sarà mai? È come lo zucchero sopra la torta, mettercelo o non mettercelo cambia l’aspetto, ma la sostanza è sempre quella. Io lo so, sono solo palliativi, di un solo cambiamento ho bisogno io ora, il resto non mi fa sentire veramente diverso. A volte in televisione fanno vedere le stupidine con le tette finte e una sciarpa per gonna che fanno finta di ballare e cambiano in continuazione inquadratura per dare il senso di un movimento che infondo non c’è. Ora io sto facendo proprio questo lavoro con me stesso. Ho bisogno di una persona vicina, il probelma è che man mano che il tempo passa io mi sento sempre più inetto, sto riscivolando nel nirvana che mi ha accompagnato per molti anni e non voglio! Quella calma, quella pace, come la morfina, mi avvelena! Ne divento dipendente, mi cullo nella rassegnazione del “tanto, io no, pensiamo ad altro”. Insisto che devo davvero dimenticare «il ragazzo che non esiste, che voglio baciare come mai è stato baciato, con cui fare l’amore finché non ci mancano le forze ecc.», alla fine sto benissimo anche lo stesso. Ma perché? Sono qui che non aspetto altro, salvami! Salvati! E ripeto le stesse cose, questo blog è pieno di post tutti uguali, non penso ad altro. Che noia. Mi è venuta in mente una canzoncina allegra stasera:

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Màriavergine!

Dispiace non essere riuscito a postare una fotocopia dell’originale! Da un tema di un ragazzino 3a elementare di Ca’Tron di Roncade (TV).

Catron 6 Marso 1954

Tema: Una gita

Domenica siamo ndati a lamadona demonteberico a chiedere la grassia par mia sorela che è maridata da cinque ani e no a gnanca tosatei [bambini N.d.T]. Siamo ndati, poi siamo pregati, poi siamo mangiati, poi siamo vegnuti casa. O che siamo pregati male o che no si siamo capiti co la Madona, fatostà che è rimasta insinta laltra sorela che no è gnanca maridata.

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